martedì 28 giugno 2016

Ansia anticipatoria da vacanze? La storia di Martina

L'estate è il periodo dell'anno in cui in genere si cambiano alcune abitudini, almeno per un certo periodo.
Capita quindi che ci si trovi a dover fare i conti con una modifica della nostra routine quotidiana, che per qualcuno è un evento atteso e vissuto positivamente, per altri invece è una situazione che "rompe" con le abitudini e le certezze di ogni giorno e che può causare ansia e ansia anticipatoria.
Inoltre l'estate è il periodo in cui si trascorre più tempo in famiglia, complici le vacanze estive per i bambini, e questo può essere fonte di conflitti e discussioni generate proprio dalla maggiore condivisione della quotidianità.

Una delle persone che recentemente ho seguito, Martina (nome di invenzione), ad esempio, ogni anno, quando deve affrontare una vacanza, inizia a sperimentare ansia anticipatoria già al momento della prenotazione, accompagnata da pensieri del tipo "e se non mi trovo bene?" "e se ci sarà brutto tempo, cosa farò?" "e se i bambini si ammalano?"

Per alcuni di noi quindi affrontare una vacanza può essere fonte di stress e ansia e questo avviene principalmente per le seguenti ragioni.


1) Il luogo di vacanza non è sempre conosciuto a priori. La preoccupazione verso qualcosa di non noto può accompagnare il periodo pre-vacanza

2) Verso la vacanza si possono nutrire aspettative elevate e, talvolta, non realistiche. Ad esempio Martina, la persona di cui parlavo sopra, ogni volta si aspetta di vivere momenti indimenticabili con il suo fidanzato, ritrovare l'armonia di coppia persa durante l'anno e magari vedere posti bellissimi, monumenti, musei ecc. Questi sono davvero obiettivi di grande portata (e forse un pò eccessivi).

3) Durante la vacanza possono capitare alcuni inconvenienti verso i quali la persona può sentirsi impreparata. I bambini possono ammalarsi, può accadere di bucare una gomma, insomma,  possono verificarsi contrattempi fastidiosi con cui non è piacevole doversi confrontare senza i consueti punti di riferimento (il pediatra di fiducia ecc.)



Foto da vitadamamma.com


Vediamo ora qualche suggerimento per chi, come Martina, prova ansia anticipatoria al momento di prenotare (e partire) per le vacanze.

1) Ricordarsi di tutte le volte che si è riusciti a cavarsela bene in una situazione sconosciuta. Scavare nella propria memoria alla ricerca di quelle situazioni in cui siamo riusciti a risolvere problemi, a trovare con inventiva delle soluzioni efficaci.

2) Ricordarsi che nella maggior parte delle situazioni è possibile chiedere aiuto a chi è del posto, a chi sta in albergo con noi, al personale del villaggio in cui ci troviamo.

3) Ridimensionare le aspettative. Non partire con l'idea di voler fare a tutti i costi questa o quella esperienza, e accettare che possano esserci delle variazioni rispetto a quanto programmato prima della partenza

4) Scegliere mete alla propria portata. Non avventurarsi in scalate su cime impervie se non si ha nemmeno un briciolo di allenamento, non partire per il mare se proprio non lo si sopporta minimamente.

5) Cercare di immedesimarsi in una delle situazioni problematiche che potrebbero capitare con maggiore probabilitá e cercare delle soluzioni a tale situazione.

E ora...buone vacanze! 

mercoledì 8 giugno 2016

Dottoressa ma....? Le 5 FAQ sull'ansia dei miei pazienti

Sembra curioso, eppure ci sono alcune domande sull'ansia che ricorrono nella mia professione.
Sono domande che i miei pazienti, ma anche amici e conoscenti mi pongono.





Eccole qua, insieme alle loro risposte!

1) Soffro da anni di attacchi di panico. C'è una soluzione?
Si. Anche se si soffre da molto tempo di problemi legati all'ansia e al panico, la soluzione c'è. Ovviamente, quanto prima si interviene meglio è. Questo perchè, con il tempo, si instaurano dei circoli viziosi, di cui ho parlato in altri post (evitamento, ricerca di rassicurazioni, catastrofizzazione, errrata respirazione), che rendono più lunga la risoluzione del problema. Quindi il mio consiglio è: ai primi attacchi di panico rivolgetevi ad un professionista. In alcuni casi, nell'arco di pochi incontri è giá possibilie ottenere una completa guarigione. In ogni caso anche per problemi di lunga data, prevedendo ovviamente tempi di risoluzione più lunghi (alcuni mesi, fino a circa un anno) si può ottenere una risoluzione dei sintomi.


2) Sono ansioso. Vivrò mai una vita completamente libera dall'ansia?
No. L'ansia fa parte di tutti noi e sarebbe contro natura eliminarla completamente. Però è possibile ridurla di molto, imparare a pensare in modo diverso, imparare a rilassarsi, fino a raggiungere una qualitá di vita davvero buona. Ovviamente ci sará sempre un momento in cui ci si sentirá ansiosi ma tra il provare ansia forte molte volte al giorno, al sentirla una volta alla settimana, beh...c'è una bella differenza!


3) Sono necessari i farmaci da affiancare alla psicoterapia?
Dipende. In alcuni casi si, in altri no. Un bravo medico, con cui lo psicologo può prendere contatti durante lo svolgimento della psicoterapia, sicuramente saprá consigliare il paziente al meglio.


4) Durante l'attacco di panico mi sembra di svenire e di perdere il controllo. Può davvero succedere?
No. Durante un attacco di panico non si può svenire perchè il corpo non è in una condizione tale per cui lo svenimento si può verificare. Certo, la sensazione è sicuramente quella di svenire ma una cosa è una sensazione, un'altra un fatto reale.


5) Durante l'attacco di panico può venirmi un infarto, un attacco di cuore?
No. Durante un attacco di panico non può verificarsi un attacco di cuore perchè una cosa è l'ansia, un'altra ė una malattia o problematica cardiaca. L'ansia è un'emozione di cui la natura ha dotato l'uomo per allertarlo in presenza di pericoli. Perchè mai quindi il genere umano si sarebbe dotato di un'emozione potenzialmente in grado di ditruggerlo? Ovviamente questa teoria non tiene. Perciò no, non è possibile che l'ansia causi un attacco di cuore.


E voi? Vi siete riconosciuti in queste domande? Ve le siete mai posti ogni tanto?



venerdì 3 giugno 2016

Tuo figlio non vuole dormire nella sua cameretta? 5 consigli per risolvere la situazione

Non è infrequente nel mio lavoro imbattermi in genitori che mi dicono che il loro bambino dorme con loro nel lettone e ha paura di dormire da solo e loro vorrebbero lui imparasse a stare da solo nella sua stanza.
In questi casi si tratta di bambini in etá scolare, per cui ci si potrebbe legittimamente aspettare che siano in grado di addormentarsi da soli e di dormire tutta la notte nella propria camera. 
A volte, a monte di questa situazione, ci sono delle paure.

Ad esempio, uno dei casi di cui mi è capitato di imbattermi ultimamente è quello di Anna (ogni riferimento che possa rendere riconoscibile la bambina è stato eliminato), di 10 anni, che nonostante abbia scelto personalmente la sua cameretta e l'abbia arredata con cura insieme al papá e alla mamma, proprio non se la sente di andare da sola a dormirci e insiste nel rimanere nel lettone dei genitori, i quali, pur volendo molto bene alla bambina e apprezzando le coccole che si possono fare tutti insieme nel lettone, ritengono sia arrivato il momento di un cambiamento.
Anna mi rivela che ha molta paura delle ombre che si creano quando diventa sera e teme che durante la notte queste prendano vita e vengano a spaventarla mentre dorme. Secondo lei l'ombra proiettata dal suo pelouche preferito diventa un mostro cattivo che potrebbe mangiarla o portarsela via. Nel lettone dei genitori si sente invece protetta, certa che le ombre non le faranno niente. 

Vediamo come ho risolto questo caso. 


come aiutare i bambini a superare la paura del buio e dormire da soli



Per iniziare ho scelto di fare con la bambina dei giochi al buio. Abbiamo giocato a riconoscere gli oggetti al buio, per familiarizzare con l'oscuritá.
Poi abbiamo fatto il gioco delle ombre cinesi, al fine di auto produrre delle forme, dapprima non paurose e poi sempre più paurose, con cui prendere confidenza, per constatare la loro inoffensivitá. Durante le prime volte Anna ha provato una paura abbastanza forte ma ripetendo più e più volte il gioco la paura si è abbassata sempre di più. 
Quando Anna si è sentita più sicura ed è riuscita a superare tutte queste 'prove' siamo passati alla sfida più impegnativa: allontanarsi gradualmente dal letto dei genitori. Per fare questo abbiamo preso un letto di quelli gonfiabili da sistemare dapprima accanto al letto dei genitori e abbiamo dato ad Anna una maglietta di mamma e una di papà, da stringere a sè durante la notte.
Sera dopo sera abbiamo allontanato sempre di più il letto fino a raggiungere la cameretta. Man mano Anna ha capito di potercela fare e che la paura poteva essere superata.
Il passo finale è stato riuscire ad addormentarsi da sola familiarizzando prima anche con le ombre presenti in cameretta.

Alla fine del percorso, durato alcuni mesi, Anna è riuscita a dormire nel suo letto.

Ecco ora dei consigli per i genitori nel caso in cui i loro bambini non vogliano dormire da soli e indugino nel lettone 'oltre il tempo massimo'.

1) Cercare di comprendere se il bambino ha qualche paura e ascoltarlo senza deriderlo o sminuire la situazione.

2) Cercare di trovare dei modi per sconfiggere la fonte della paura. Ad esempio, nel caso della paura dei mostri, uno "spray anti mostri" da spruzzare ogni sera accanto al letto, potrebbe risolvere alcune tra le situazioni più antipatiche.

3) Leggere con i bambini dei testi che parlino proprio della sua paura, sottoforma di fiaba, e commentarli con lui

4) Non perdere occasione di lodare il bambino in ogni situazione in cui si dimostra coraggioso, cercando di fargli cambiare idea su se stesso, nel caso abbia imparato ad autodefinirsi 'pauroso' 

5) Dividere un grande obiettivo (dormire da sola nel proprio letto) in piccoli sottoobiettivi, promettendo una piccola ricompensa al raggiungimento di ogni traguardo


Nel caso in cui la situazione non si sblocchi è opportuno che i genitori si rivolgano ad uno psicologo esperto nel trattamento delle paure e dell'ansia in etá evolutiva.

immagine su diredonna.it