venerdì 27 aprile 2012

Il lavoro con Luca

Chiediamoci come mai Luca non riesce ad avere successo con le ragazze.
Lui crede che i sintomi dell'ansia che sperimenta (diventare rosso, sudare ecc.) siano giudicati negativamente dall'altro (dall'altra, in questo caso). Crede che chi lo vede arrossire lo giudichi eccessivamente timido, e magari anche debole.

Poniamoci poi le seguenti domande:

1) Davvero i sintomi che Luca sente sono così visibili all'esterno?

2) E davvero l'altro li giudica i segnali di qualche importante mancanza personale?

3) Se anche Luca, imbarazzandosi, arrossisce o suda, è comunque meglio per lui provare a conoscere qualche ragazza o forse rinunciarvi?

4) Quali costi paga Luca per tirarsi indietro ogni volta che si trova in una situazione in cui ci sono delle ragazze?

Per rispondere alla seconda domanda ho provato a ribaltare la situazione, chiedendo a Luca cosa pensarebbe di una persona appena conosciuta che, di fronte a lui, iniziasse a sudare o ad arrossire.
Tra le ipotesi trovate: che la persona potesse essere accaldata, sentirsi poco bene, o fosse timida.
Quindi un lavoro importante è stato individuare le molteplici cause del rossore e dell'incremento della sudorazione, per trovarvi delle ragioni alternative, non escludendo la timidezz,a ma non mettendola come unica causa.
Se Luca stesso attribuiva a più ragioni questi segnali fisiologici, perchè non avrebbero potuto farlo altri o altre nei suoi confronti?
Luca ha risposto alla terza e quarta domanda sostenendo che, continuando ad evitare ogni occasione di conoscenza, non sarebbe mai riuscito a trovare una ragazza e ciò andava nella direzione opposta a ciò che lui desiderava per sè.
Per rispondere alla prima domanda abbiamo chiesto a Luca di sperimentarsi in una situazione in cui si sentisse relativamente tranquillo e a proprio agio e lui ha individuato il gruppo del corso di inglese che stava frequentando.
Abbiamo chiesto, in accordo con Luca, a due suoi amici, anch'essi frequentanti il corso, di osservarlo mentre interagiva con una compagna di corso con la quale non aveva mai parlato in precendenza e di annotarsi i segni visibili di ansia.
Alla fine abbiamo confrontato le osservazioni degli amici con quelle di Luca.
Ebbene, Luca sosteneva che la sudorazione e il rossore fossero estremamente visibili, mentre gli amici sostenevano che il rossore era durato solo pochi istanti e non avevano notato la sudorazione.
Questa constatazione servì per riportare Luca su un piano di maggior aderenza alla realtà e gli diede coraggio e voglia di sperimentarsi in altre situazioni.
Abbiamo quindi costruito una scala di situazioni, dalla più semplice alla più difficile, in cui Luca potesse mettersi alla prova.
Ora le sta affrontando, si sente più sicuro, e percepisce meno intensamente i sintomi dell'ansia che prima lo preoccupavano tanto.

sabato 21 aprile 2012

La timidezza di Luca

Luca (il nome è di pura invenzione) è un ragazzo di 28 anni, carino, con un buon lavoro.
Però è convinto di non piacere alle ragazze. Si sente goffo, impacciato, uno "sfigato".
Quando ne conosce una è rigido, sorride poco, non si lascia andare, per paura di sbagliare e di dimostrare alla ragazza che è proprio lo "sfigato" che crede di essere..
La settimana scorsa ne ha conosciuta una in treno mentre era in viaggio per lavoro.
Veramente è stata lei ad iniziare la conversazione. Mentre parlavano lui pensava: "Ecco, ora si accorgerà che divendo rosso. Oddio, sto sudando!". Per evitare di provare quel disagio, di stare nell'ansia e nell'imbarazzo, Luca ha cercato di parlare il meno possibile, e non appena è stato possibile, si è immerso nella lettura del libro che aveva con se.
Quindi la ragazza ha smesso ben presto di cercare argomenti di conversazione.
Luca poi si è mangiato le mani: era veramente una ragazza carina! Poteva valere la pena parlarci di più, e magari conoscerla meglio.
Luca ha bisogno di modificare l'idea che ha di se stesso, e di fare qualche esperimento, di mettersi alla prova gradualmente in qualche situazione tra quelle per lui "difficili" cercando di comportarsi, pian piano, in modo differente dal solito. Se lo farà, in un tempo abbastanza breve l'ansia che prova in queste situazioni sarà meno forte; ciò gli permetterà di trovare qualche argomento di conversazione e magari di divertirsi e non sentirsi più bloccato dentro i suoi stessi panni.

venerdì 20 aprile 2012

Le parole "sempre" e "mai":

Spesso, nelle discussioni tra marito e moglie, tra fidanzati, tra genitori e figli, si dicono frasi come: "Sei sempre lo stesso! Non cambierai mai!". Sono frasi che escono spontaneamente, eppure non sono efficaci nello svolgimento di un conflitto.
Innanzitutto non lo sono perchè non dicono quasi mai il vero: è forse possibile che l'altro sbagli sempre? Che non faccia mai una cosa giusta? Nemmeno per una volta?
Poi, soprattutto, trasmettono all'altro una profonda sfiducia nei suoi confronti: la sfiducia che lui/lei possa cambiare..

E allora perchè mai l'altro dovrebbe cambiare, se gli trasmettiamo in primis noi che non crediamo nella possibilità che ciò accada?

martedì 17 aprile 2012

La rabbia

Cos'è la rabbia?
Di solito ci arrabbiamo quando percepiamo di aver subito un torto.
Il corpo quindi si attiva, il battito cardiaco accelera, i muscoli si preparano all'azione.
Il cervello produce frasi di franco odio dirette al responsabile, verso chi ha commesso questo torto verso di noi.
Eppure se si riesce ad andare oltre, a non farsi accecare dalla rabbia, essa può darci la spinta, la motivazione a superare gli ostacoli che si frappongono tra noi e i nostri obiettivi. Questa è la visione 'positiva' della rabbia, che può essere intesa come l'emozione che dá la motivazione, la spinta a cambiare ciò che non ci va e che è possibile modificare.
L'importante è non lasciarsi trasportare dalla rabbia, che può far commettere azioni, dire frasi, di cui poi ci potremmo pentire.
Quante volte, per esempio durante un litigio, si dicono parole che non si vorrebbe mai aver pronunciato? Alzi la mano colui al quale non è capitato mai!
Allora bisogna imparare a "pensare la rabbia", riflettere prima di agire, pensare a quali sono i nostri obiettivi e a cosa vorremmo ottenere. Infatti sull' "onda della rabbia" si possono commettere azioni impulsive, fare cose che potrebbero avere conseguenze spiacevoli per noi o per altri, o di cui ci potremmo anche vergognare.
Infatti, alcuni comportamenti aggressivi, hanno spesso conseguenze a cui difficilmente si riesce a rimediare.
Una delle motivazioni che spingono le persone a provare rabbia intensamente verso qualcun altro è la convinzione che l'altro abbia "fatto apposta" a fare ciò che ha fatto.
 In realtá, per lo meno in alcuni casi, questo non avviene. Sono poche le situazioni in cui se qualcuno ci ha fatto un torto lo ha fatto con la deliberata e consapevole intenzione di ferirci, sapendo che ciò sarebbe successo e agendo in maniera lucida e mirata.
Il più delle volte, una persona ci ferisce per noncuranza, perchè non ha pensato bene all'effetto che le sue parole potevano avere su di noi, perché era emotivamente alterato, oppure ancora per interesse personale, per raggiungere scopi suoi percorrendo una strada su cui, casualmente, siamo capitati noi proprio in un particolare momento e siamo stato investiti dalle sue parole e dai suoi modi.

Prima di rispondere sull'onda della rabbia devo quindi chiedermi.

1) chi mi ha ferito lo ha fatto apposta? A volte riteniamo che ci sia cattiva fede in un gesto che magari viene fatto per pura sbadataggine.

2) sapeva che mi avrebbe fatto del male? Può succedere che chi ci ferisce lo faccia senza pensare alle conseguenze, anzi, potrebbe, magari sbagliando, pensare pure che alcune cose le faccia "per il nostro bene".

3) si è comportato così solo con me o anche con altri? Alcune persone si comportano scorrettamente in molti contesti. Questo non riduce la gravità del loro comportamento ma forse considerare che una persona si comporta male perché "è fatta così " e non perché "ce l'ha con me" può aiutare a mettere le cose nella giusta prospettiva.

4) quanto è importante realmente ciò che è accaduto? Possiamo provare a pensare "quanto mi importerà di ciò che è accaduto tra un anno? E tra due anni?" "Ciò che è accaduto mi ha sicuramente ferito ma ci sono altre cose che giudico più importanti nella mia vita attualmente?"

5) cosa posso fare per risolvere la situazione? Qui si tratta di pensare se c'è un modo concreto per riparare al danno subito. Posso pensare ad un intervento sul contesto, sulla situazione in cui mi trovo, o a un chiarimento con la persona il cui comportamento ha generato la mia rabbia.

Riuscire a porsi queste domande e a rispondervi ė un buon passo per arrabbiarsi...usando la testa.

Quindi, concretamente, come fare per evitare di esplodere?

1) allontanarsi dalla situazione quando ci si accorge di essere 'troppo carichi'. Questo permette a volte di evitare conseguenze peggiori.

2) se si è nell'impossibilitá di allontanarsi, immaginarsi la situazione che si sta vivendo come se la si vedesse da un binocolo rovesciato, in modo da farla apparire piccolissima e distante. Questa è una tecnica che può aiutare a "distaccarsi" mentalmente dalla situazione. Ad esempio, una mamma vede il suo bambino che sta facendo un capriccio. Può usare questa tecnica per evitare di "esplodere" e di spaventare quindi il bambino.

3) contare all'indietro da 100 meno 7, per numerose volte. Questa è un modo che serve per distrarsi e "prendere tempo" aspettando che l'emotività si abbassi.

4) se non si riesce a calmarsi e ad affrontare l'interlocutore, rimandare ogni discussione ad un momento di maggiore tranquillitá

5) pensare che, se la questione da trattare ė importante, ciò che conta non ė vincere tutto subito, ma salvaguardare il rapporto con l'interlocutore, in modo da avere ulteriori chanches in futuro di portare avanti le proprie necessitá.



domenica 15 aprile 2012

cosa sono le emozioni?

Le emozioni sono il nostro modo di rapportarci al mondo.
Tutte le persone si emozionano e non esistono emozioni "giuste" o "sbagliate".
Se proviamo un'emozione in un determinato momento una ragione c'è!
Anche le più sgradevoli, come l'ansia, la paura, la rabbia, la tristezza, l'invidia, la vergogna servono a qualcosa e, quando si provano, innanzitutto vanno accettate.
Caso mai si può provare a modificarne l'intensità se ci accorgiamo che proviamo "troppa ansia" o la sperimentiamo in situazioni che non ne richiederebbero la presenza.
Sento alcune mamme al parco che, di fronte ai loro bambini che hanno paura di scendere dallo scivolo o che si intimidiscono di fronte all'arrivo di un nuovo bimbo, quasi lo"deridono", dicendogli :
"Ma dai, fifone! Di cosa hai paura!" oppure "Ma come sei timido! Svegliati un pò, che non ti mangiano mica gli altri bimbi!".
Sicuramente queste mamme sono mosse dal tentativo di aiutare i bimbi, però, senza saperlo, commettono un errore: non li fanno sentire accettati per quello che sono e per quello che provano.