sabato 17 dicembre 2016

Come reagire alle critiche altrui in quattro mosse

Alcune persone reagiscono alle critiche in modo molto negativo.
Esse infatti sono ipersensibili verso i segnali di disapprovazione da parte degli altri, anche quando questi provengono da persone amiche o con le quali c'è un buon rapporto. 

Spesso le critiche provengono dall'ambiente di lavoro, dal responsabile o dal collega più esperto o "più saccente"  ma in altri casi provengono dall'ambiente familiare o, anche se di solito più raramente, dalla propria schiera di amici.

Sebbene possano in alcuni casi provocare ansia o fastidio, in altri casi possono essere da sprone per fare meglio, per cambiare i propri comportamenti in senso più positivo.


Ovviamente da questa accezione positiva sono escluse le critiche che:

- sono troppo frequenti (il caso tipico delle coppie dove uno dei coniugi critica l'altro costantemente per ogni cosa o in famiglia quando un genitore critica il figlio quotidianamente)

- sono immotivate, e nascondono spesso il tentativo di una delle parti di acquisire potere sull'altra

- sono generiche (ad esempio critiche come "non mi piace il tuo modo di fare", "non mi piace il tuo carattere")

- colpiscono la persona e non il comportamento (fa differenza dire "sei sempre il solito cafone" e dire "potevi essere più gentile in questa situazione e dire x invece che y")

In alcuni casi invece le critiche sono motivate, a volte anche legittime e non dobbiamo dimenticare che nessuno è così perfetto da esserne immune.

Come reagire alle critiche altrui in modo costruttivo




Vediamo quindi come possiamo reagire alle critiche in modo costruttivo, senza che queste intacchino la nostra autostima.

Se sei una persona che reagisce costantemente alle critiche offendendosi e magari rimuginandoci sopra giorni e giorni prova a mettere in pratica queste quattro strategie:

1) Prova a considerare la critica nella sua effettiva dimensione non sentendoti ogni volta chiamato in causa globalmente come persona. In molti casi la critica è rivolta verso un tuo comportamento o un tuo gesto che in qualche modo ha ferito l'altra persona. E' a quel gesto che ci si riferisce, non al 100% dei tuoi comportamenti o delle tue caratteristiche.

2) Non accettare critiche generiche ma chiedi di precisare la specificità del tuo sbaglio. Quindi di fronte alla frase "non mi piace il tuo modo di fare" si può rispondere con "cosa intendi?" "a cosa ti riferisci nello specifico?"

3) Scusati nel caso ti accorgessi che, anche inavvertitamente, hai offeso o danneggiato l'altra persona. Sembra una banalità ma "per principio" alcune persone fanno fatica a chiedere scusa, anche quando l'errore commesso è palese.

4) Nel caso in cui la critica sia stata mossa utilizzando un atteggiamento aggressivo, chiedi all'altro di utilizzare un atteggiamento più assertivo (per una spiegazione di questo stile di comunicazione leggere questo post http://sandramagnolini.blogspot.it/2012/06/cio-che-giulia-dovrebbe-imparare.html).

Siccome riuscire a rispondere alle critiche altrui non è di solito cosa facile può essere utile allenarsi immaginandosi più volte nella situazione in cui ci troviamo di fronte alla persona che vogliamo affrontare e rappresentando noi stessi mentre riusciamo a dire, con la maggiore calma possibile, ciò che vogliamo dire. 

In ogni caso è utile prepararsi mentalmente o per iscritto le riposte possibili da dare di fronte ad una specifica critica, in modo da essere più pronti quando la situazione si presenti nella realtà.


immagine tratta da vinciconlamente.it



venerdì 18 novembre 2016

Come insegnare al tuo bambino a rispettare le regole

In questo podcast voglio illustrare come sia possibile in modo semplice insegnare ai bambini a mettere in atto dei comportamenti positivi.
Spesso i genitori con cui lavoro mi riferiscono di dover ripetere ai bambini decine e decine di volte le stesse cose "riordina i giochi!", "lascia stare tuo fratello!".
Qualcuno ricorre anche alle minacce e agli sculaccioni, che ovviamente non insegnano nulla al bambino, se non ad utilizzare erroneamente la forza nei momenti difficili.
Con li metodo della token economy che vedrete nel video è possibile invece aiutare i bambini a rispettare le regole in modo positivo.

Dopo aver visto il video ricordate le regole per applicare questo metodo:

1) il metodo va spiegato e concordato con il bambino in un momento di tranquillità, quando non c'è in corso alcuna discussione
2) si fissa una regola alla volta
3) le faccine vanno date subito dopo che il bambino ha messo in atto il comportamento positivo
4) se il bambino non mette in atto il comportamento positivo non si dá alcuna faccina
5) si devono creare le situazioni per cui il bambino rapidamente ottenga le prime faccine (e quindi la prima sorpresa)
6) le regole vanno fissate in positivo, cioè non va chiesto di "non disordinare la cameretta" ma "riordinare la cameretta"


Alcune domande che i genitori tipicamente mi rivolgono dopo che ho illustrato loro il metodo sono:

"Ma non è che il bambino apprende la "furbata" di fare qualcosa solo perchè ha in cambio qualcosa d'altro?"
In realtà il genitore vorrebbe che il bambino si comportasse bene perchè dovrebbe capire che "è giusto farlo". Il bambino piccolo però non ha una coscienza morale così sviluppata da riuscire a farlo e invece comprende benissimo con questo metodo cosa ci si aspetta esattamente da lui.

"Devo continuare ad applicare questo metodo sempre?"
No, quando il bambino ha appreso a rispettare la regola stabilita il metodo non serve più. Può essere utilizzato o in un momento successivo oppure per far apprendere un'altra regola.

"Da che età si può applicare il metodo?"
Dai tre quattro anni di età, fino all'adolescenza, sostituendo magari, per i ragazzini più grandi, delle piccole ricompense in denaro o di altro tipo.




..e ora: buon lavoro a tutti i genitori!!









lunedì 19 settembre 2016

Benessere psicologico: 4 mosse per raggiungerlo

Il benessere psicologico è un qualcosa verso cui tutti vorremmo tendere.
Eppure a volte, per la maggior parte delle volte involontariamente, esso ci sfugge, o meglio, ce lo lasciamo sfuggire. 
Come mai capita questo? Perchè succede che a volte, invece di tendere verso il benessere, ci lasciamo intrappolare dal funzionamento, non sempre ottimale, della nostra mente?
Innanzitutto è importante capire come costruiamo la realtà che ci circonda.
Per fare questo osserviamo la figura sottostante.


la costruzione della realtà percettiva


Cos'è? Cosa vedete?

Qualcuno probabilmente vedrà il profilo del viso di un indiano.
Altri vedranno un uomo di spalle, con un grosso cappotto.
Alcuni faranno fatica a vedere entrambe le immagini contemporaneamente mentre altri non avranno alcuna difficoltà nel farlo.

Perchè ho pubblicato questa immagine? 

Ciò che voglio dire è che non esiste, in molte situazioni, a livello percettivo, e nemmeno psicologico, una realtà oggettiva data una volta per tutte e che ciò che vediamo e che viviamo è frutto di interpretazione, ragionamento, attribuzione di significato. 

Chi di noi non ha o non ha mai avuto un amico convinto di non piacere a nessuno, fermamente convinto delle proprie idee nonostante l'evidenza le sconfermasse?
O chi non ha mai parlato con una persona che costantemente evidenziava le proprie sfortune e problemi tralasciando di vedere (magari del tutto inconsapevolmente) le proprie fortune e i propri talenti?

Bene: questo è ciò che fa la mente. A volte trae in inganno, ci fa vedere una cosa per un'altra, ci fa generalizzare gli insuccessi o ci porta alla conclusione che una situazione è gravissima quando invece non è così.

Quindi cosa non ci fa raggiungere il benessere psicologico? Quali sono le trappole che la nostra mente ci tende?

La prima trappola che la mente ci tende è il credere ciecamente ai propri pensieri e al proprio modo di vedere la realtà, anche quando ciò si rivela inefficace e inutile.

Se io credo al pensiero che non ho nulla di interessante da offrire agli altri cosa farò? Probabilmente mi isolerò, non cercherò di comunicare, finendo poi per credere davvero al pensiero originario e cioè che non ho nulla di offrire agli altri. Ma è proprio vera questa convinzione o sono io che la determino con il mio stesso comportamento?

La seconda trappola che la mente ci tende è il rimanere troppo ancorati al nostro passato o essere eccessivamente preoccupati per il futuro, dimenticando che il momento presente è l'unico che abbiamo realmente a disposizione per modificare ciò che non ci piace della realtà circostante o in noi stessi.
Il passato non si può certo cambiare, anche se si può imparare a leggerlo con occhiali differenti, e il futuro si può prevedere solo in una certa misura, mai con una precisione del 100%


La terza trappola che la mente ci tende è l'evitamento. 
Quante volte evitiamo delle esperienze che sappiamo sarebbero utili per noi per paura del fallimento?
E quante volte evitiamo pensieri e immagini mentali che riteniamo dolorose?
Ebbene, più noi evitiamo esperienze, più quelle appariranno difficili e la nostra competenza più scarsa.
Più evitiamo pensieri e immagini mentali più la mente ce li riproporrà in maniera indesiderata, a volte quasi ossessiva, impedendoci di raggiungere il benessere psicologico.

La quarta trappola che la mente ci tende è la poca chiarezza rispetto a quali sono i nostri valori, con il risultato che non ci dedichiamo sufficientemente ad essi e quindi abbiamo la sensazione di vivere una vita senza significato.


La quinta trappola della mente è il non credere nella possibilità del cambiamento. A volte si incontrano persone che sostengono "sono fatto così, non posso cambiare", "sono sempre stato così, cosa ci posso fare?"


La sesta ed ultima trappola è il porsi obiettivi irrealizzabili. Porsi obiettivi troppo elevati fin da subito o per i quali non abbiamo competenze, oppure nessun aiuto, porta quasi certamente al fallimento, con il conseguente distanziamento da una condizione di benessere psicologico.

Quindi come possiamo fare per aggirare le trappole della mente e raggiungere il benessere psicologico?

Una prima mossa da fare è sicuramente, come detto più volte nel blog, mettere alla prova i propri pensieri e chiedersi: che prove ho che questo pensiero è vero? Mi aiuta ragionare in questo modo? Mi porta a raggiungere i miei obiettivi, ciò che voglio?

Una seconda mossa è chiarire i propri valori e chiedersi: cosa è veramente importante per me? Che tipo di persona voglio essere? Come mi piacerebbe che le persone mi ricordassero una volta che non ci sarò più? In questo modo si evitano di disperdere troppe energie verso situazioni che non ci portano a raggiungere il benessere psicologico, concentrandosi invece su azioni, persone e circostanze che ci danno una maggiore soddisfazione.

Una terza mossa è individuare le tentate soluzioni, cioè tutti i modi che abbiamo utilizzato per risolvere problemi e che non hanno funzionato, per individuarne i punti di debolezza, passando poi a ricercare soluzioni innovative e più efficaci. Un detto molto significativo da questo punto di vista è "se vuoi avere ciò che hai sempre avuto, fai ciò che hai sempre fatto".

Una quarta mossa è mettersi in gioco su ciò che ci interessa veramente, adottando la politica dei piccoli passi. Ciò significa che non dobbiamo fare tutto e subito, ma lavorare per ciò che ci importa mettendoci pian piano nelle situazioni, scegliendo obiettivi fattibili e realizzabili, dai quali ricavare esperienze di successo.


Dal post si deduce che la mente tende delle trappole che non sempre ci portano ad avere una lettura corretta della realtà.
E' quindi importante imparare a riconoscerle e a lavorare in una direzione diversa.
Mettere alla prova i propri pensieri, chiarire i propri valori, smettere di attuare azioni già tentate che non hanno portato a nulla e adottare la politica dei piccoli passi sembrano essere soluzioni che portano ad una maggiore soddisfazione e ad un maggior benessere psicologico.

fonte immagine: internet




giovedì 11 agosto 2016

Stress da lavoro? Cause, conseguenze e suggerimenti per superarlo

Lo stress che si accumula sul posto di lavoro può avere conseguenze estremamente negative sulla salute psicologica delle persone.

Ma cos'è lo stress da lavoro?

E cosa lo determina?

Lo stress da lavoro è una reazione psicofisica dovuta a una situazione di sottostimolazione o di sovrastimolazione che proviene dall'ambiente lavorativo. 

Ciò significa che ci si può sentire stressati sia quando si lavora troppo, con ritmi troppo intensi, sia quando si lavora troppo poco. Quest'ultima informazione può sembrare un controsenso ma in realtà se pensiamo a momenti della nostra storia lavorativa in cui siamo stati coinvolti in occupazioni noiose o in realtà dove capitavano spesso periodi di "cali di lavoro" possiamo facilmente comprendere come le giornate "vuote" in cui il tempo non passa siano pesanti da affrontare quanto le giornate troppo piene. 

Poi, quando si parla di stress, c'è il grande ruolo delle risorse che la persona può mettere in campo per farvi fronte. 

Se io penso che ce la farò a reggere una situazione impegnativa, allora sarò poco o per nulla stressato, ma se credo che non ce la farò a reggere ciò che mi viene chiesto di fare, allora percepirò più stress.
La percezione dello stress è quindi soggettiva!

Per questa ragione, di fronte alla stessa situazione lavorativa, alcune persone saranno più stressate, mentre altre meno o affatto.


Quali sono i principali fattori presenti sul posto di lavoro che possono causare stress?

Ambiente fisico: l'ambiente in cui si lavora è importante. Rumori, presenza di troppe o al contrario di poche persone possono essere fonte di disagio.

Ritmi lavorativi: lavorare troppo e troppo in fretta può portare le persone a fare errori e a sentirsi costantemente sotto pressione, riducendo di gran lunga la soddisfazione lavorativa.

Non chiarezza dei ruoli lavorativi: essere assunti per occupare un certo ruolo e poi trovarsi a svolgere mansioni di livello inferiore (o superiore, per le quali non si hanno le competenze) può portare a sperimentare forti livelli di ansia e insoddisfazione.

Ostacoli nella carriera: avere in previsione di fare un certo tipo di crescita professionale e trovare ostacoli, impedimenti a tale crescita può essere molto frustrante e causa di stress da lavoro.

Aspetti economici: guadagnare troppo poco può essere fonte di preoccupazioni e tensioni.

Cattivi rapporti con colleghi e superiori: discussioni continue o incomprensioni, silenzi che si trascinano nel tempo, pettegolezzi, scarso supporto. Sono tutte condizioni che possono causare stress. 

Insicurezza del posto di lavoro: la crisi economica ha portato ad una sempre più frequente sensazione (e/o realtà di fatto) di precarietà e di incertezza. Tutto questo aumenta i livelli di ansia, incidendo negativamente sullo stress sperimentato.

consigli per gestire lo stress da lavoro



Le conseguenze dello stress sulla persona possono esprimersi con:

Malattie cardiovascolari e bronchiali, disfunzioni gastrointestinali, disturbi cutanei, tiroidei, scheletrici, asma, obesità, diabete.
Ansia, paura, senso di colpa, irritabilità, deficit dell’attenzione, aumento dell’uso/abuso di farmaci e/o alcool/sostanze psicoattive.

Come si può fare per prevenire e/o gestire lo stress da lavoro? 

#  Fare la stessa cosa in modo diverso: se possibile cambiare tempi e modalità di organizzazione o esecuzione del lavoro. Cercare modi differenti di fare il lavoro di sempre, quando e se possibile, aiuta a rompere la monotonia e fa sentire più soddisfatti.

# Migliorare i rapporti con i colleghi e i superiori: discutere in modo pacato, essere pronti a riconoscere i propri errori, sdrammatizzare, aiutare gli altri: sono tutte qualità che rendono i rapporti più distesi e che possono mettere colleghi e superiori in condizione di essere più disponibili nei nostri confronti.

# Fare delle pause. La pausa caffè e la pausa pranzo dovrebbero essere momenti "di qualità". Se continuiamo a parlare di lavoro o mangiamo un panino di fronte al pc mentre continuiamo a lavorare, questa non è una "vera" pausa.

# Coltivare un tempo libero di qualità. Se il lavoro dà dei problemi e la situazione non accenna a migliorare nonostante i nostri tentativi è opportuno cercare risorse positive e occasioni di soddisfazione nelle amicizie, negli hobbies e nel rapporto con il/la partner e con i familiari.

# Cambiare lavoro. Se nulla ha funzionato e se ci sono le condizioni, non rimane altro che cambiare lavoro, cercando una situazione che risponda maggiormente alle nostre esigenze.


immagine su calabrialavoro.eu





mercoledì 3 agosto 2016

Sei preoccupato per avere troppe preoccupazioni? prova queste 3 strategie

Molte persone che sono spesso preoccupate temono che questo modo di ragionare abbia conseguenze catastrofiche sulla propria salute mentale.
 
Le paure che sono più frequentemente associate all'avere molte preoccupazioni sono:
 
"le mie preoccupazioni mi faranno ammalare fisicamente"
 
"le mie preoccupazioni mi faranno impazzire"
 
"non riuscirò a controllare le mie preoccupazioni"
 
"continuerò a preoccuparmi così per tutto il resto della vita"
 
la paura della paura
 
 
 
 
Come detto più volte in questo blog, ogni pensiero che si accompagna ad emozioni forti di ansia va messo alla prova!
 
In questo caso è quindi possibile chiedersi:
 
1) Che prove ci sono a favore di queste convinzioni?
 
2) A cosa porta continuare a ragionare in questo modo?
 
3) Come potrei ragionare diversamente?
 
Inoltre va provato a ricordare se si conoscono persone che, avendo grosse preoccupazioni per qualcosa, hanno perso completamente a causa di queste il lume della ragione.
 
Facendo questo si potrà facilmente notare come le preoccupazioni (e quindi l'ansia) non conducono alla follia, non portano "ad impazzire" bensì a stare "solamente" piuttosto (o molto) male.
 
Una confusione che spesso viene fatta è tra l'avere un disturbo d'ansia e l'essere sofferenti di una malattia psicologica più invalidante, ad esempio la psicosi o schizofrenia.
 
Va perciò detto che ansia e psicosi sono due "cose" completamente differenti.
 
L'ansia ha oscillazioni anche notevoli, per come viene sperimentata, nel corso dell'esistenza di una persona, mentre la schizofrenia è una malattia che ha sintomi più o meno costanti.
 
Nella schizofrenia, inoltre, ci sono disturbi di pensiero e di linguaggio, deliri e allucinazioni (sentire qualcosa che solo la persona sente, vedere qualcosa che solo la persona vede, avere convinzioni strane, ad esempio di essere controllati dagli alieni o dai servizi segreti).
 
Una persona ansiosa, inoltre non perde mai la cognizione di come funziona correttamente la realtà, tanto che, in condizioni di estrema urgenza, è in grado di "superare" tutte le paure e di agire facendo ciò che va fatto.
 
Quindi preoccupazioni (e preoccupazioni sulle preoccupazioni), ansia e paura non potranno mai portare ad una condizione psicologica più importante, anche se vanno contrastate attivamente per garantire alla persona che le sperimenta una migliore qualità di vita.
 
Da Andrews et al. "Trattamento dei disturbi d'ansia" Centro Scientifico Editore 2003.
 
immagine su studiopsicologiasardegna.it
 
 
 
 
 
 

giovedì 14 luglio 2016

Come uscire dalla depressione: strategie e consigli per combattere il 'male oscuro'

La depressione, come giá ricordato in un altro post http://sandramagnolini.blogspot.it/2014/10/la-depressione-cose-quali-le-cause-come.html è una vera e propria malattia che ha la caratteristica di essere molto diffusa.

I costi sociali, personali, economici e lavorativi della depressione sono elevatissimi. Per questo motivo ė importante riconoscere per tempo quando si è depressi in maniera importante (da non confondere la depressione con una tristezza passeggera) per attuare quanto prima delle azioni correttive dello stile di vita e del modo di pensare, che possano portar benefici e miglioramenti.

Ma prima di capire come uscire dalla depressione vediamo alcune tra le caratteristiche del 'male oscuro'.

Come ragiona una persona con depressione?

Una persona depressa ha una visione negativa

Di se stessa (pensa: non valgo niente. Ho fallito. Sono una stupido/a, ecc.)

Del mondo (il mondo ė cattivo, ė brutto, gli altri sono migliori di me e/o più fortunati ecc.)

Del futuro (non c'è speranza, andrá sempre male)

E tutti questi pensieri hanno la caratteristica di susseguirsi per ore e ore, dando vita ad una sorta di 'ruminazione' mentale che non aiuta ad uscire dalla depressione, anzi, ha come unico effetto quello di peggiorare il tono dell'umore e impedire la concentrazione su altre attivitá più piacevoli.


Quali obiettivi si pone una persona con depressione? 

Sembrerá strano ma una persona depressa si pone in genere obiettivi molto elevati, molto più elevati rispetto a quelli che si pone una persona non depressa. 
Quindi potrebbe pensare: devo riuscire assolutamente a pulire tutta la casa entro oggi, devo riuscire a perdere tutti i miei kg di troppo entro un mese, devo raggiungere elevati obiettivi sul lavoro entro la fine di quest'anno, ecc.). 
Ovviamente, poichè alcuni obiettivi sono oggettivamente difficili da raggiungere, la persona, vedendo che fallisce nel suo tentativo, sará ancora più abbattuta e penserá: sono proprio un buono/a a nulla, non riesco in niente di quello che mi prefiggo di fare.


Di cosa ha realmente bisogno una persona con depressione?

Una persona con depressione ha bisogno, più di tutto, di trovare attivitá piacevoli da fare durante la giornata. 
Nella depressione, infatti, si perde il senso del piacere, e questo è uno degli elementi che va assolutamente ripristinato.

consigli e strategie per uscire dalla depressione


Quindi... Come uscire dalla depressione

Se sei depresso, ecco alcuni consigli che potrebbero aiutarti.

1) stendi una tabella con l'elenco delle principali attivitá che svolgi durante la giornata. 
Ad ogni attivitá assegna un punteggio da 1 a 10 in termini di piacevolezza. 
Cerca di ripetere quante più volte possibile le attivitá che hanno avuto un punteggio maggiore.

2) dividi ogni attivitá lunga e/o complessa che devi svolgere (es. pulire casa, terminare una lunga relazione di lavoro ecc.) in sotto obiettivi più semplici e veloci da raggiungere. 
Prevedi ogni tanto delle pause.

3) non trascorrere ore a rimuginare sui problemi. 
È più utile interrompere la ruminazione mentale con un'attivitá pratica che distragga la mente.

4) cerca di praticare una moderata attivitá fisica. 
Basta una breve camminata per stare meglio, perchè il corpo, durante l'attivitá fisica, produce delle sostanze che sono responsabili anche del benessere psicologico.

5) chiedi aiuto ad un professionista del benessere psicologico. 
Se la situazione non migliora non esitare a chiedere aiuto. Trascinare a lungo una condizione di depressione vuol dire impiegare molto più tempo per riuscire a stare meglio.


Immagine su psicoadvisor.com






martedì 28 giugno 2016

Ansia anticipatoria da vacanze? La storia di Martina

L'estate è il periodo dell'anno in cui in genere si cambiano alcune abitudini, almeno per un certo periodo.
Capita quindi che ci si trovi a dover fare i conti con una modifica della nostra routine quotidiana, che per qualcuno è un evento atteso e vissuto positivamente, per altri invece è una situazione che "rompe" con le abitudini e le certezze di ogni giorno e che può causare ansia e ansia anticipatoria.
Inoltre l'estate è il periodo in cui si trascorre più tempo in famiglia, complici le vacanze estive per i bambini, e questo può essere fonte di conflitti e discussioni generate proprio dalla maggiore condivisione della quotidianità.

Una delle persone che recentemente ho seguito, Martina (nome di invenzione), ad esempio, ogni anno, quando deve affrontare una vacanza, inizia a sperimentare ansia anticipatoria già al momento della prenotazione, accompagnata da pensieri del tipo "e se non mi trovo bene?" "e se ci sarà brutto tempo, cosa farò?" "e se i bambini si ammalano?"

Per alcuni di noi quindi affrontare una vacanza può essere fonte di stress e ansia e questo avviene principalmente per le seguenti ragioni.


1) Il luogo di vacanza non è sempre conosciuto a priori. La preoccupazione verso qualcosa di non noto può accompagnare il periodo pre-vacanza

2) Verso la vacanza si possono nutrire aspettative elevate e, talvolta, non realistiche. Ad esempio Martina, la persona di cui parlavo sopra, ogni volta si aspetta di vivere momenti indimenticabili con il suo fidanzato, ritrovare l'armonia di coppia persa durante l'anno e magari vedere posti bellissimi, monumenti, musei ecc. Questi sono davvero obiettivi di grande portata (e forse un pò eccessivi).

3) Durante la vacanza possono capitare alcuni inconvenienti verso i quali la persona può sentirsi impreparata. I bambini possono ammalarsi, può accadere di bucare una gomma, insomma,  possono verificarsi contrattempi fastidiosi con cui non è piacevole doversi confrontare senza i consueti punti di riferimento (il pediatra di fiducia ecc.)



Foto da vitadamamma.com


Vediamo ora qualche suggerimento per chi, come Martina, prova ansia anticipatoria al momento di prenotare (e partire) per le vacanze.

1) Ricordarsi di tutte le volte che si è riusciti a cavarsela bene in una situazione sconosciuta. Scavare nella propria memoria alla ricerca di quelle situazioni in cui siamo riusciti a risolvere problemi, a trovare con inventiva delle soluzioni efficaci.

2) Ricordarsi che nella maggior parte delle situazioni è possibile chiedere aiuto a chi è del posto, a chi sta in albergo con noi, al personale del villaggio in cui ci troviamo.

3) Ridimensionare le aspettative. Non partire con l'idea di voler fare a tutti i costi questa o quella esperienza, e accettare che possano esserci delle variazioni rispetto a quanto programmato prima della partenza

4) Scegliere mete alla propria portata. Non avventurarsi in scalate su cime impervie se non si ha nemmeno un briciolo di allenamento, non partire per il mare se proprio non lo si sopporta minimamente.

5) Cercare di immedesimarsi in una delle situazioni problematiche che potrebbero capitare con maggiore probabilitá e cercare delle soluzioni a tale situazione.

E ora...buone vacanze! 

mercoledì 8 giugno 2016

Dottoressa ma....? Le 5 FAQ sull'ansia dei miei pazienti

Sembra curioso, eppure ci sono alcune domande sull'ansia che ricorrono nella mia professione.
Sono domande che i miei pazienti, ma anche amici e conoscenti mi pongono.





Eccole qua, insieme alle loro risposte!

1) Soffro da anni di attacchi di panico. C'è una soluzione?
Si. Anche se si soffre da molto tempo di problemi legati all'ansia e al panico, la soluzione c'è. Ovviamente, quanto prima si interviene meglio è. Questo perchè, con il tempo, si instaurano dei circoli viziosi, di cui ho parlato in altri post (evitamento, ricerca di rassicurazioni, catastrofizzazione, errrata respirazione), che rendono più lunga la risoluzione del problema. Quindi il mio consiglio è: ai primi attacchi di panico rivolgetevi ad un professionista. In alcuni casi, nell'arco di pochi incontri è giá possibilie ottenere una completa guarigione. In ogni caso anche per problemi di lunga data, prevedendo ovviamente tempi di risoluzione più lunghi (alcuni mesi, fino a circa un anno) si può ottenere una risoluzione dei sintomi.


2) Sono ansioso. Vivrò mai una vita completamente libera dall'ansia?
No. L'ansia fa parte di tutti noi e sarebbe contro natura eliminarla completamente. Però è possibile ridurla di molto, imparare a pensare in modo diverso, imparare a rilassarsi, fino a raggiungere una qualitá di vita davvero buona. Ovviamente ci sará sempre un momento in cui ci si sentirá ansiosi ma tra il provare ansia forte molte volte al giorno, al sentirla una volta alla settimana, beh...c'è una bella differenza!


3) Sono necessari i farmaci da affiancare alla psicoterapia?
Dipende. In alcuni casi si, in altri no. Un bravo medico, con cui lo psicologo può prendere contatti durante lo svolgimento della psicoterapia, sicuramente saprá consigliare il paziente al meglio.


4) Durante l'attacco di panico mi sembra di svenire e di perdere il controllo. Può davvero succedere?
No. Durante un attacco di panico non si può svenire perchè il corpo non è in una condizione tale per cui lo svenimento si può verificare. Certo, la sensazione è sicuramente quella di svenire ma una cosa è una sensazione, un'altra un fatto reale.


5) Durante l'attacco di panico può venirmi un infarto, un attacco di cuore?
No. Durante un attacco di panico non può verificarsi un attacco di cuore perchè una cosa è l'ansia, un'altra ė una malattia o problematica cardiaca. L'ansia è un'emozione di cui la natura ha dotato l'uomo per allertarlo in presenza di pericoli. Perchè mai quindi il genere umano si sarebbe dotato di un'emozione potenzialmente in grado di ditruggerlo? Ovviamente questa teoria non tiene. Perciò no, non è possibile che l'ansia causi un attacco di cuore.


E voi? Vi siete riconosciuti in queste domande? Ve le siete mai posti ogni tanto?



venerdì 3 giugno 2016

Tuo figlio non vuole dormire nella sua cameretta? 5 consigli per risolvere la situazione

Non è infrequente nel mio lavoro imbattermi in genitori che mi dicono che il loro bambino dorme con loro nel lettone e ha paura di dormire da solo e loro vorrebbero lui imparasse a stare da solo nella sua stanza.
In questi casi si tratta di bambini in etá scolare, per cui ci si potrebbe legittimamente aspettare che siano in grado di addormentarsi da soli e di dormire tutta la notte nella propria camera. 
A volte, a monte di questa situazione, ci sono delle paure.

Ad esempio, uno dei casi di cui mi è capitato di imbattermi ultimamente è quello di Anna (ogni riferimento che possa rendere riconoscibile la bambina è stato eliminato), di 10 anni, che nonostante abbia scelto personalmente la sua cameretta e l'abbia arredata con cura insieme al papá e alla mamma, proprio non se la sente di andare da sola a dormirci e insiste nel rimanere nel lettone dei genitori, i quali, pur volendo molto bene alla bambina e apprezzando le coccole che si possono fare tutti insieme nel lettone, ritengono sia arrivato il momento di un cambiamento.
Anna mi rivela che ha molta paura delle ombre che si creano quando diventa sera e teme che durante la notte queste prendano vita e vengano a spaventarla mentre dorme. Secondo lei l'ombra proiettata dal suo pelouche preferito diventa un mostro cattivo che potrebbe mangiarla o portarsela via. Nel lettone dei genitori si sente invece protetta, certa che le ombre non le faranno niente. 

Vediamo come ho risolto questo caso. 


come aiutare i bambini a superare la paura del buio e dormire da soli



Per iniziare ho scelto di fare con la bambina dei giochi al buio. Abbiamo giocato a riconoscere gli oggetti al buio, per familiarizzare con l'oscuritá.
Poi abbiamo fatto il gioco delle ombre cinesi, al fine di auto produrre delle forme, dapprima non paurose e poi sempre più paurose, con cui prendere confidenza, per constatare la loro inoffensivitá. Durante le prime volte Anna ha provato una paura abbastanza forte ma ripetendo più e più volte il gioco la paura si è abbassata sempre di più. 
Quando Anna si è sentita più sicura ed è riuscita a superare tutte queste 'prove' siamo passati alla sfida più impegnativa: allontanarsi gradualmente dal letto dei genitori. Per fare questo abbiamo preso un letto di quelli gonfiabili da sistemare dapprima accanto al letto dei genitori e abbiamo dato ad Anna una maglietta di mamma e una di papà, da stringere a sè durante la notte.
Sera dopo sera abbiamo allontanato sempre di più il letto fino a raggiungere la cameretta. Man mano Anna ha capito di potercela fare e che la paura poteva essere superata.
Il passo finale è stato riuscire ad addormentarsi da sola familiarizzando prima anche con le ombre presenti in cameretta.

Alla fine del percorso, durato alcuni mesi, Anna è riuscita a dormire nel suo letto.

Ecco ora dei consigli per i genitori nel caso in cui i loro bambini non vogliano dormire da soli e indugino nel lettone 'oltre il tempo massimo'.

1) Cercare di comprendere se il bambino ha qualche paura e ascoltarlo senza deriderlo o sminuire la situazione.

2) Cercare di trovare dei modi per sconfiggere la fonte della paura. Ad esempio, nel caso della paura dei mostri, uno "spray anti mostri" da spruzzare ogni sera accanto al letto, potrebbe risolvere alcune tra le situazioni più antipatiche.

3) Leggere con i bambini dei testi che parlino proprio della sua paura, sottoforma di fiaba, e commentarli con lui

4) Non perdere occasione di lodare il bambino in ogni situazione in cui si dimostra coraggioso, cercando di fargli cambiare idea su se stesso, nel caso abbia imparato ad autodefinirsi 'pauroso' 

5) Dividere un grande obiettivo (dormire da sola nel proprio letto) in piccoli sottoobiettivi, promettendo una piccola ricompensa al raggiungimento di ogni traguardo


Nel caso in cui la situazione non si sblocchi è opportuno che i genitori si rivolgano ad uno psicologo esperto nel trattamento delle paure e dell'ansia in etá evolutiva.

immagine su diredonna.it

lunedì 16 maggio 2016

Crisi di ansia nei bambini: 5 consigli per i genitori

Le crisi di ansia nei bambini sono momenti difficili da gestire per i genitori.
I bambini che temono qualcosa possono mettere in atto comportamenti e avere reazioni emotive che inducono nei genitori forte apprensione e spesso una difficoltà nel sapere come comportarsi.
Questo post nasce quindi con l'intento di fornire ai genitori alcuni suggerimenti utili su come reagire alle crisi di ansia dei propri figli.

consigli per genitori di bambini ansiosi



1) Ricordarsi che l'ansia è un'emozione non nociva in sè. Questo significa che un bambino, anche se fortemente ansioso o impaurito non potrà in nessun modo avere gravi conseguenze per il fatto di sperimentare ansia. Non sverrà, non avrà un attacco di cuore. Non gli succederà nulla di grave da un punto di vista fisico.

2) Non mostrarsi preoccupati di fronte al bambino. Se il bambino avverte che il genitore è preoccupato si dirà "allora c'è veramente qualcosa di cui preoccuparsi, allora vuol dire che sto veramente male!". Quindi è importante mantenere la calma e spiegare al bambino che quel momento passerà, proprio come è venuto se ne andrà.

3) Invitare il bambino a respirare lentamente e poco profondamente. Il bambino può contare fino a tre  (uno-due-tre) nella fase di inspirazione, trattenere il fiato per due secondi e poi contare fino a sei (quattro-cinque-sei) nella fase di espirazione. Questo modo di respirare (detto anche "respirazione lenta") serve per riportare sotto controllo alcuni sintomi dell'ansia, tachicardia in primis.

4) Non allontanare il bambino dalla situazione fonte di ansia ma aspettare sul luogo che l'emotività si abbassi. Questo serve per non incorrere in problemi di evitamento, per impedire cioè che il bambino si rifiuti successivamente di stare nella situazione in cui l'ansia si è presentata.

5) Adottare la politica dei piccoli passi. Se il bambino è molto spaventato e ha forti crisi di ansia in una certa situazione, esporre il bambino gradualmente a quella situazione, dividere il traguardo finale in sotto obiettivi e premiare il bambino ogni volta che ne raggiunge uno.

Buon "lavoro" a tutti i genitori di bimbi ansiosi! 


Foto da www.studiopsicologia.napoli.it

martedì 10 maggio 2016

Cosa dire ad un amico che soffre di attacchi di panico

Gli attacchi di panico sono spiacevoli picchi di ansia che possono portare chi ne soffre verso una sgradevole sofferenza psicologica. 
Capita spesso che chi ne è colpito si rifiuti di compiere attivitå o di frequentare posti che in precedenza (prima di iniziare a soffrire di attacchi di panico) frequentava . 
Questo avviene perchè la persona ritiene che, se è capitato un attacco di panico in un determinato posto, rifrequentando in futuro quel posto, l'attacco di panico si possa ripresentare. È quindi convinta che sia il posto, la situazione, ad aver causato l'attacco di panico. 
In realtá non è così, perchè gli attacchi di panico sono scatenati dal modo di ragionare che la persona adotta ai primi sintomi di ansia.


In poche parole alla persona accade questo:

Primi sintomi di ansia --------> La persona pensa "e se mi viene un attacco di panico?" ---------> L'ansia aumenta ----------> La persona pensa "mi sento sempre peggio! Ora potrei svenire, impazzire, fare cose strane, perdere il controllo e magari anche morire! ---------> A questo punto arriva l'attacco di panico vero e proprio...


....scatenato proprio dal modo di ragionare della persona! 


In ogni caso, chi è colpito dagli attacchi di panico può confidare la cosa ad un amico, che potrebbe trovarsi impreparato su cosa rispondere. 

Ecco qui un piccolo vademecum con 5 suggerimenti da tenere presenti:

1) ricordare all'amico che gli attacchi di panico sono transitori: come arrivano, passano

2) mostrarsi rispettosi e non deridere la persona 

2) mostrarsi tranquilli e non lasciarsi allarmare dai suoi racconti 

3) non fare da accompagnatore se la persona chiede di essere affiancata nell'andare in alcuni posti dove teme possa capitarle un attacco di panico. Accompagnare una persona timorosa è un mentenimento del problema perchè non le permette mai di affrontare la propria ansia e rendersi conto che non può succedere nulla di grave.

4) suggerire alla persona di consultare un aiuto specialistico nel caso gli attacchi di panico durino da un pò e non accennino a scomparire.


Così facendo sarete un valido aiuto! 


Consigli su come aiutare un amico con attacchi di panico

giovedì 14 aprile 2016

Ansia anticipatoria nei bambini: quali le cause?

Il modo in cui si aiutano i bambini a superare ansia e ansia anticipatoria risulta fondamentale per la loro salute psicologica.
Più volte nel blog ho parlato di cosa è l'ansia, quali sono i suoi sintomi e come si manifesta.
Ho anche illustrato in cosa consiste l'ansia anticipatoria.
Ora vorrei descrivere quali sono le ragioni per cui un bambino è più ansioso di un altro, quali sono le più frequenti cause di ansia e ansia  anticipatoria nei bambini.


come aiutare i bambini a gestire l'ansia


# Perché alcuni bambini sono più ansiosi di altri?

Questa è una domanda che i genitori mi rivolgono spesso. "Perché il mio bambino è sempre in ansia"? "Perché i suoi amichetti sono sicuri di loro stessi e il mio bambino no?" "Ho due figli: come mai uno è sicuro e spavaldo e l'altro è timoroso e ansioso"?

La risposta a questa domanda è semplice. Perché l'ansia si strutturi e diventi un problema per un bambino ci sono fondamentalmente due ragioni:

- una prima ragione è il temperamento del bambino. I bambini "nascono" fatti in un certo modo, per cui già da neonati hanno un certo temperamento. Alcuni si spaventano con ogni piccolo rumore, non amano i cambiamenti, non vogliono stare con persone che non siano mamma e papà. Altri neonati hanno un temperamento diverso. Sono tranquilli, rilassati per la maggior parte del tempo, dormono molto anche in presenza di forti rumori, affrontano serenamente le novità e non si lasciano facilmente spaventare da situazioni impreviste. Altri ancora sono un mix delle due descrizioni.

- Poi c'è il grande ruolo dell'ambiente e dell'educazione ricevuta che risulta il nodo di gran lunga più importante per l'innestarsi e soprattutto il perpetuarsi di situazioni di ansia e di ansia anticipatoria.
Ciò significa che risulta molto importante ciò che le figure di riferimento (i genitori soprattutto) del bambino fanno o dicono in risposta alla sua ansia.

Facciamo un esempio: Mario è un bambino di 5 anni, che sta imparando ad andare in bicicletta senza le rotelline di supporto. Alla prima caduta si spaventa ed inizia a piangere. La mamma allora si avvicina allarmata e gli dice: "Povero Mario! Te l'avevo detto che cadevi! Ora vieni in braccio, andiamo a fare una bella merenda e per un po' alla bici non pensiamo più".

# A questo punto cosa dovrebbe pensare il bambino?

Mario potrebbe pensare:

1) che andare in bici è pericoloso e si può cadere (addirittura la mamma l'aveva previsto)

2) che una volta caduti immediatamente esiste una situazione (la merenda e l'abbraccio della mamma) che mi portano via dalle difficoltà.

3) che la paura e lo spavento non si possono sopportare, anzi, che sono emozioni che vanno subito eliminate

Quindi...perché Mario dovrebbe riprovare a salire sulla bicicletta?

E cosa succederebbe se la mamma alla sera, a cena insieme anche al papà parlasse a lungo della caduta di Mario, di come la bicicletta sia pericolosa, di come lei aveva detto di non togliere le rotelline ecc. ecc. ?

Ovviamente seguendo questa linea sarà difficile che Mario abbia di nuovo voglia di salire sulla bicicletta e, ogni volta che qualcuno proverà a proporglielo, proverà una forte ansia anticipatoria, dirà che ha mal di pancia, mal di testa, e che preferisce fare altro.

Con questo intendo che l'ambiente ha un ruolo fondamentale nel creare e/o mantenere situazioni di ansia nei bambini e che i genitori hanno un ruolo fondamentale nel prevenire e gestire le situazioni in cui i propri figli si mostrano ansiosi.

Immagine tratta da www.tecnologia-ambiente.it

lunedì 4 aprile 2016

Ansia da prestazione: 3 modi per combatterla

L'ansia da prestazione nella sessualità è un'emozione di allarme sperimentata prima di avere un rapporto sessuale vissuto come minaccioso.
Come-combattere-l'ansia-da-prestazione-in-campo-sessuale
Le cause dell'ansia da prestazione: 
Anche se è difficile prestare sempre attenzione, ogni volta in cui proviamo un'emozione, ad essa si associano pensieri di un certo tipo. Nel caso dell'ansia da prestazione i pensieri associati potrebbero essere "devo assolutamente impegnarmi per eccitarmi e farcela", oppure "se non riesco ad avere un buon rapporto sessuale lui/lei potrebbe rifiutarmi o magari lasciarmi".
Ovviamente, pensieri di questo genere mettono in moto nel corpo delle reazioni di allarme che sono incompatibili con una risposta positiva dal punto di vista sessuale e conducono spesso a ciò che si vorrebbe evitare e cioè ad un momento intimo poco soddisfacente per sé e per il/la partner.
A sua volta, il/la partner potrebbe involontariamente interpretare la situazione a suo modo, alimentando un circolo vizioso che porta al perpetuarsi del problema.
Ad esempio il/la partner potrebbe pensare "non si eccita perché non gli/le piaccio o non faccio abbastanza e quindi prima o poi mi lascerà" "non si eccita perché non gli/le piaccio quindi non valgo niente" "non si eccita perché non sono in grado di dargli /le piacere e quindi devo fare di più" "non si eccita perché non mi vuole dare soddisfazione".
In concomitanza a questi pensieri potrebbero comparire emozioni negative anche nel/nella partner, come ansia di abbandono, depressione, ansia da prestazione o rabbia. Queste emozioni potrebbero tradursi in comportamenti di allontanamento o di disagio verso il/la partner.


Le conseguenze dell'ansia da prestazione:

Le conseguenze dell'ansia da prestazione possono essere varie e sfociare in:
problemi e difficoltà nell'eccitamento
problemi e difficoltà nel raggiungimento dell'orgasmo sessuale
dolore nel momento del rapporto sessuale

Rimedi all'ansia da prestazione:

Per combattere l'ansia da prestazione è necessario adottare alcuni accorgimenti:


# Aumentare la conoscenza di sé

- Prestare attenzione al proprio modo di pensare nelle situazioni in cui si sperimenta ansia da prestazione e mettere in discussione i pensieri disfunzionali descritti nel paragrafo precedente chiedendosi "che prove ho che ciò che penso è vero"? "come faccio ad essere sicuro/a che ciò che temo si realizzerò sicuramente"?
- Aumentare la conoscenza del proprio corpo e delle sensazioni che esso suscita dedicandosi prima ad un'osservazione del proprio corpo e in un secondo momento ad un esplorazione tattile delle sue varie parti.
L'attenzione va posta alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni che tale esplorazione suscita.



# Aumentare la conoscenza dell'altro.

- Parlare con il/la partner di ciò che preoccupa e ascoltare il suo punto di vista senza interromperlo/a.
- Parlare dell'argomento sessualità con il/la partner dedicandosi ad un ascolto attento e non giudicante del punto di vista dell'altro.



# Mettere in pratica la focalizzazione sensoriale.

- Questa attività consiste nello scambio reciproco di carezze con una finalità non erotica e va messa in atto praticando al partner e chiedendo poi al partner di praticare a se stessi (in due momenti separati) delle carezze che non sono preludio ad un atto sessuale.
Durante questo esercizio ognuno può dire all'altro quali carezze preferisce e in che modo gradisce riceverle e il partner che riceve le attenzioni dell'altro deve restare immobile, concentrandosi sulle sensazioni, emozioni, pensieri che emergono. 
Con questa pratica viene migliorata la conoscenza delle proprie sensazioni ed emozioni all'interno della relazione di coppia.
Se tutto ciò non bastasse può essere utile rivolgersi ad un terapeuta esperto nella risoluzione dell'ansia legata alla sfera sessuale.
Bibliografia: "Clinica delle disfunzioni sessuali" di Fenelli A. e Lorenzini R. Carocci Faber Ed. 2013

Immagine tratta da wellvitonline.it

lunedì 28 marzo 2016

Attacchi di panico, come curarli

Nel post parlerò di attacchi di panico e di come curarli, utilizzando in questo caso una tecnica che prende il nome di esposizione enterocettiva.

Chi soffre di attacchi di panico sa bene quali siano i suoi sintomi.

Non tutti sanno però che è possibile curarli con una modalità molto efficace, che prende il nome appunto di esposizione enterocettiva. 
Vediamo in cosa consiste questa tecnica.

Poichè gli attacchi di panico in genere spaventano molto chi li sperimenta, spesso dando la sensazione di essere sul punto di svenire, di impazzire, o addirittura di morire, un buon rimedio costituisce nel riprodurre artificialmente quegli stessi sintomi per notare come essi non portino a nulla di grave, se non ad un certo fastidio e sgradevolezza.

Ad esempio, una persona che è particolarmente spaventata dall'accelerazione del battito cardiaco durante un attacco di panico potrebbe essere meno spaventata dal sintomo se provasse autonomamente ad autoindurselo, ad esempio correndo per un certo tempo, potrebbe notare poi il sintomo che si presenta in seguito alla corsa e senza prendere alcun provvedimento successivamente verificare che il corpo ritorna al suo stato di quiete eventualmente annotando il tempo necessario perchè ciò avvenga.

Una persona che è invece particolarmente spaventata dal senso di vertigine che talvolta si accompagna agli attacchi di panico potrebbe girare su se stessa per un certo numero di volte, notare che non accade nulla in questa situazione se non una spiacevole sensazione di sbandamento, sedersi e aspettare semplicemente che il corpo ritorni nella condizione di equilibrio. 
E così via per tutti i sintomi presentati. 

come riprodurre i sintomi del panico
immagine tratta da Terzocentro.it

E' buona cosa, per curare gli attacchi di panico con l'esposizione enterocettiva provvedere a fare una scala di "pericolosità percepita" dei sintomi, cominciando ad autoindursi quello percepito come meno pericoloso, via via fino a quello percepito come più pericoloso.

L'esposizione enterocettiva è una valida tecnica nella cura degli attacchi di panico perchè contrasta quella che è una tendenza comune tra le persone che soffrono di questo disturbo e cioè l'evitamento di situazioni, luoghi e sensazioni fisiche che vengono ritenute in grado di far scaturire l'attacco di panico.  

Quindi in sintesi in caso di attacchi di panico, come curarli con l'esposizione enterocettiva?

1) Scrivere tutti i sintomi fisici sperimentati durante un attacco di panico.

2) Fare un elenco dei sintomi in ordine di pericolosità (o fastidio) percepita.

3) Provare a fare delle attività in grado di far scaturire un particolare sintomo fisico, iniziando da quello percepito come meno pericoloso.

4) Man mano fare la stessa cosa per tutti gli altri sintomi, arrivando fino a quello percepito come più pericoloso.

In alcuni casi, fare questo richiede il supporto di un professionista esperto di ansia e della cura degli attacchi di panico.  




domenica 28 febbraio 2016

Un caso di ansia anticipatoria: la storia di Alessia


In questo post vorrei parlare di un caso di ansia anticipatoria che ho risolto positivamente.
Vi parlerò di Alessia (ogni riferimento che possa rendere riconoscibile la persona è stato eliminato), una donna di 35 anni che lavora in banca, allo sportello.
Alessia aveva un problema di ansia, che si esprimeva con tremore alle mani e rossore in viso, i quali verificavano ogni volta che:
- doveva ritirare soldi o documenti che venivano portati dai clienti
- doveva porgere documenti ai clienti
- prendeva il caffè durante la pausa con i colleghi della filiale


come sconfiggere ansia anticipatoria


Oltre a presentare ansia in queste situazioni, viveva anche intensi momenti di ansia anticipatoria al mattino, prima di andare al lavoro, quando in macchina pensava: "E se dovessi tremare? Cosa penserebbero i clienti? Che sono matta!""Cosa penserebbero i colleghi se il tremore fosse così forte da rovesciare il caffè?" "Se rovesciassi il caffè addosso a qualcuno? Non me lo perdonerei mai".
In queste situazioni i sintomi avvertiti erano un forte dolore allo stomaco con senso di nausea e lieve giramento di testa.
Questa emozione e questi pensieri facevano si che Alessia scegliesse di evitare il più possibile la pausa caffè e ogni volta che si avvicinavano allo sportello persone che conosceva e di cui temeva maggiormente un giudizio negativo provasse una forte ansia, con conseguente aumento dei tremori e del rossore.
In questa situazione la prima cosa che ho fatto è stata chiedere alla persona di mettere alla prova i propri pensieri e in particolare di pensare a quanto fosse probabile che potesse rovesciare il caffè a causa dei tremori. Ragionando con Alessia, la risposta fu "abbastanza probabile ma non certo al 100%". 
Insieme abbiamo anche ragionato su tutti i motivi per cui una persona può tremare, in modo da provare a metterci nei panni dei colleghi o dei clienti e immaginare cosa avrebbero potuto pensare rispetto al motivo dei tremori. Abbiamo concluso che una persona può tremare perchè ha bevuto troppi caffè, perchè ha freddo o per stanchezza. Alla domanda: "Lei cosa penserebbe se vedesse un suo collega tremare?" la risposta di Alessia fu "Penserei che ha freddo o che ha la febbre!".
Detto questo, fu facile trovare delle spiegazioni alternative a quella da lei temuta (penseranno che sono matta!) che anche chi la osservava poteva darsi, rispetto alla sua causa del suo tremore.
Una volta raggiunta una maggiore obiettività nell'interpretazione delle situazioni temute, abbiamo messo in atto una gerarchia di situazioni (dalla meno temuta alla più temuta) in cui il tremore poteva comparire e ho chiesto ad Alessia di immaginare se stessa in ciascuna di queste situazioni. Questo metodo si chiama esposizione immaginativa e permette di ridurre l'ansia anticipatoria sperimentata. 
In seguito siamo passati all'esposizione in vivo. Questo metodo prevede che la persona si metta attivamente in gioco nelle situazioni prima solo immaginate, partendo dalla più semplice e arrivando alla più difficile.
Dopo aver messo alla prova i propri pensieri ed essersi esposta a livello immaginativo, con un pò di impegno ma con successo Alessia si mise alla prova nelle situazioni individuate, notando che ogni volta era un pò meno difficile farlo poiché si era già un pò abituata a sperimentare ansia in maniera graduale.
Ora non evitava più le situazioni che in precedenza temeva e aveva anche notato che i tremori si erano di molto ridotti. 
Parallelamente fu meno difficile affrontare i clienti allo sportello e anche il rossore diminuì di frequenza e di intensità.
Questo è accaduto probabilmente perchè quando una persona in difficoltà riesce a superare degli ostacoli in modo positivo, la sensazione di sicurezza e di successo personale si estendono anche ad altre situazioni simili.
La buona risoluzione di questa situazione fa pensare all'importanza di chiedere una consulenza specializzata in caso di disturbi d'ansia e di ansia anticipatoria.


Immagine tratta da medicitalia.it


domenica 14 febbraio 2016

Ansia anticipatoria: come combatterla?

L'ansia anticipatoria è quella spiacevole sensazione di allarme che compare prima che si verifichi un evento che in qualche modo temiamo. Molte persone vivono ansia anticipatoria prima di un evento che ritengono importante, sia esso positivo o negativo. Non tutti sanno però che questa spiacevole sensazione può essere efficacemente contrastata.


come combattere ansia anticipatoria



Quali sono gli eventi che tipicamente suscitano ansia anticipatoria?

Gli eventi che tipicamente suscitano questo tipo di reazione vengono di solito interpretati da chi li vive come temibili e in qualche modo minacciosi. Ad esempio, una persona prima di affrontare un colloquio di lavoro, se sperimenta molta ansia anticipatoria, probabilmente avrà pensieri del tipo: "E se mi viene fatta una domanda a cui non so rispondere?" "Andrà sicuramente male e non otterrò il posto", "Farò sicuramente una brutta figura e il selezionatore si farà un'idea negativa su di me". 
Questi pensieri sono spesso automatici e compaiono alla mente molto velocemente tant'è che è difficile accorgersi a volte della loro presenza all'interno della nostra mente.
Talvolta anche eventi positivi, ad esempio il matrimonio o la nascita di un figlio, possono causare ansia anticipatoria, per il carico di responsabilità e i cambiamenti che comportano, i quali vengono vissuti come troppo gravosi rispetto alle risorse che la persona percepisce di avere.

Come si può gestire l'ansia anticipatoria?

In questi casi è importante prestare attenzione ai propri pensieri, cercare di capire se sono esagerati, troppo catastrofici o poco utili al fine della gestione della situazione e metterli alla prova per vedere se reggono all'"esame di realtà". Infatti spesso i pensieri che si accompagnano alle situazioni emotive di ansia sono eccessivamente catastrofici, estremi, e non tengono in considerazione il ventaglio di tutte le ipotesi che possono succedere, concentrandosi esclusivamente sull'ipotesi peggiore, il cui accadimento viene considerato come molto probabile o certo. Se i pensieri hanno la caratteristica di essere automatici, conviene prestare una certa attenzione e meglio ancora annotarli su un foglio o su un block notes. 

In particolare, è possibile chiedersi:

- Che prove ho che ciò che temo si verificherà sicuramente?

- Qual è la situazione peggiore a cui vado incontro?

- Ci sono altre ipotesi che si possono verificare al di là dell'ipotesi peggiore?

-  Se anche l'ipotesi peggiore si verificasse, quali sono i comportamenti utili che potrei mettere in atto per gestire la situazione?

- Una persona che io stimo per la sua capacità di gestire efficacemente l'ansia, come si comporterebbe in questa situazione?

Un'altra via che si può utilizzare per affrontare situazioni di questo genere è ricorrere a tecniche di rilassamento come il Training Autogeno, che favorisce agisce su un piano psicofisico o a pratiche di meditazione come la Mindfulness, che consentono una presa di distanza positiva dai pensieri ansiogeni.

Naturalmente se tutto questo non bastasse per ridurre il livello di ansia anticipatoria sperimentato, è utile e consigliabile chiedere una consulenza psicologica ad uno psicoterapeuta esperto nel trattamento dei disturbi d'ansia.

immagine tratta da www.mindfulnessitalia.org

Bibliografia: Andrews G. Trattamento dei disturbi d'ansia. Guide per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo. Centro Scientifico Editore. 2004.